Dalla filosofia antica alla scienza del suolo: Platone, il microbiota e l'agricoltura sinergica

“Il vero lusso di oggi è mangiare cibo vero, non merce”. Con queste parole Francesco Valentino Dibenedetto, sintetizza la sua visione di un’agricoltura che, lontana dai meccanismi industriali e chimici, si fonde con la natura.

Una concezione tradotta nel concreto nella gestione della sua azienda agricola e vinicola, L’Archetipo, una realtà simbolo della transizione verso un tipo di coltivazione consapevole, rigenerativo e profondamente radicato nell’ambiente, dove la terra non è sfruttata, ma rispettata e accompagnata nel suo equilibrio naturale.

L’azienda, situata a Castellaneta, in provincia di Taranto, si estende su 20 ettari, dove si coltivano grani antichi, oliveti, orti, frutteti e viti, da cui nascono vini e spumanti naturali. Una produzione che punta a cibo specie-specifico, nutriente, vivo, sano.

Valentino condivide questa avventura con la moglie Anna Maria e i quattro figli, Carlo Nazareno, Domenico, Andrea e Maria Clelia, tutti coinvolti attivamente nell’impegno quotidiano. Un’unità familiare che lega esperienza e innovazione e che garantisce continuità al progetto. “È un lavoro che cresce con le mani, con il cuore e con la testa”, spiega Valentino. Un disegno di vita fondato su esperienza, etica e visione olistica, un esempio concreto che dimostra come un’agricoltura etica, sana, emancipata dall’industria chimica sia possibile.

Una crisi che diventa rinascita

“La mia è la storia di una persona che viene prima illusa dal sistema, poi comprende il vero funzionamento e l’essenza di madre natura – racconta di sé Valentino -. Figlio di un viticoltore, Carlo, che ha sempre creduto nelle mie capacità, ho seguito un percorso di studi classico in agraria, dalla scuola superiore fino alla laurea. Per quattro anni – spiega – ho applicato nella terra ciò che avevo imparato sui banchi di scuola: fertilizzanti chimici, pesticidi, lavorazioni intensive. Ma ciò che vedevo nei campi erano piante malate, deboli, dipendenti, incapaci di esprimere vitalità. Era come se stessi distruggendo quello che avrei voluto proteggere. È stato un momento di profonda crisi interiore”.

La delusione e il disorientamento dell’impatto con quella realtà si trasformano presto in un percorso di crescita e di consapevolezza. Valentino approfondisce il pensiero di Rudolf Steiner e la biodinamica, e inizia a comprendere il ruolo essenziale della fertilità del suolo e della vita microbica. Si avvicina così all’agricoltura sinergica, ispirata agli insegnamenti di Masanobu Fukuoka, botanico e filosofo giapponese, autore del celebre La rivoluzione del filo di paglia. Un approccio che rifiuta l’aratura, “il più grande errore dell’agricoltura moderna”, i concimi, i pesticidi e ogni tentativo di “conquista” della natura, promuovendo invece una collaborazione attiva con l’ecosistema.

“L’agricoltura sinergica – spiega Valentino – si basa sulle consociazioni vegetali e sulla vitalità del suolo. Le piante si rinforzano reciprocamente, il terreno si rigenera, e noi agricoltori possiamo smettere di essere vittime del sistema industriale. Perché sono contrario all’aratro? L’aratro distrugge le nicchie ecologiche, come un bulldozer distruggerebbe la tua casa mentre ci sei dentro. Io sfalcio, pratico compostaggio di superficie: la biomassa diventa humus, che dovrebbe essere riconosciuto come patrimonio dell’umanità, come ho richiesto, invano, all’UNESCO”.

Nel suo percorso formativo, Valentino ha incontrato un’altra figura fondamentale, l’agronoma Emilia Hazelip, pioniera dell’adattamento dell’agricoltura sinergica al clima mediterraneo. “Emilia sosteneva che l’agricoltura basata sull’auto fertilità del suolo è la salvezza del pianeta. Aveva ragione. I metodi tradizionali lasciano una scia di desertificazione e morte. Noi invece vogliamo generare vita”. Imparando ad aspettare: “La natura è lenta, ha bisogno di tempo per rimettere in moto i suoi meccanismi. Ma quando lo fa, la vita esplode ovunque”.

Agricoltura come esperienza, non come opinione

Tra i riferimenti culturali che Valentino ama citare c’è Platone, il filosofo greco del IV secolo a.C., che distingueva tra “doxa” (opinione) e “episteme” (conoscenza autentica). “Platone diceva che la maggior parte delle persone vive secondo opinioni, ma la vera conoscenza nasce quando si passa dall’opinione all’esperienza diretta e alla riflessione consapevole. È stato questo il mio cammino: ho lasciato la teoria per tornare alla terra e ho capito che ciò che avevo studiato era solo opinione. Lavorando sul campo, in tutti i sensi, osservando la natura e interagendo con essa, ho raggiunto una comprensione autentica. La terra, come l’essere umano, ha bisogno di vita per poter esprimere il suo pieno potenziale. Credo in un’agricoltura ecosostenibile che produce cibo vero, pulito e nutriente, che custodisce il suolo e la vita, e che riconosce l’interconnessione tra tutti gli esseri viventi”.

Il microbiota delle piante

Ed è proprio grazie all’esperienza diretta che Valentino scopre un’altra dimensione dell’agricoltura: quella invisibile ma fondamentale dei microrganismi. “Il suolo è vivo – afferma – e tutti gli esseri viventi hanno significato grazie ai microrganismi: microbiota, plankton, lieviti. Senza di loro, non c’è vita”.

Una visione olistica in linea con i principi dell’igienismo naturale: la salute è equilibrio, e così come un intestino in salute è essenziale per il benessere dell’uomo, per la sua immunità, per la digestione e persino per l’umore, un terreno fertile e ricco di vita microbica è alla base di un’agricoltura sana e sostenibile. Al contrario, alterazioni del microbiota sono collegate a malattie croniche, allergie, disturbi mentali e infiammazioni sistemiche per l’uomo; a coltivazioni sofferenti, di qualità ed energia scarsa, guardando al mondo delle piante. “La vita – sintetizza Valentino -, si regge su reti invisibili di cooperazione microbica, e solo l’esperienza radicata nella natura e nei suoi cicli, può portarci a una conoscenza autentica”.

Seguendo quest’ottica, Valentino ha introdotto in azienda gli EM (Microorganismi Effettivi), una tecnologia ecologica sviluppata dallo scienziato giapponese Teruo Higa. Si tratta di un insieme selezionato di microrganismi benefici – tra cui batteri lattici, lieviti, actinomiceti e fotoautotrofi – in grado di rigenerare il terreno, rafforzare le difese delle piante e migliorare la fertilità della terra e la qualità dei raccolti. “Quello che facciamo è come un trapianto di microbiota – spiega – ma per il suolo. Riportiamo in equilibrio la vita microbica della terra e i risultati sono straordinari: il suolo inizia a respirare, le piante diventano più resistenti alle malattie, il terreno più rigoglioso e il contadino non è più esposto ai veleni dei pesticidi. I benefici sono a 360 gradi, anche per chi lavora la terra. È una rivoluzione silenziosa ma potente”.

Una sinergia di specie microbiche che migliora la salute del suolo, delle piante e, in definitiva, anche degli esseri umani. “Non è un dettaglio da poco – osserva Valentino -: secondo le statistiche, i lavoratori agricoli, per lo più esposti a pesticidi e diserbanti, hanno un’aspettativa di vita inferiore di circa vent’anni rispetto alla media delle persone. Il primo a trarre vantaggio da questa pratica virtuosa è proprio il contadino. Proteggere la terra significa anche proteggere se stessi”.

Contro un’agricoltura tossica, per un futuro fertile

In questo cammino, centrale è il concetto di complessità. Valentino denuncia i sistemi semplici, come le monocolture, che “sono fragili e generano squilibri, mentre i sistemi complessi si autoregolano: ogni elemento compensa l’altro”. E punta il dito contro i danni di un’agricoltura industriale fondata sulla manipolazione genetica. “Nel 1973, con le radiazioni gamma, si sono create varietà di grano mai esistite prima, rispondenti a una maggiore resa produttiva. Il glutine è cambiato nella sua struttura tridimensionale, e il nostro corpo non lo riconosce più: da lì in poi, non a caso, si è registrato il boom di celiachia e infiammazioni”.

Custodire il suolo è custodire noi stessi

In un’epoca segnata dalla crisi climatica, dall’intensificarsi della desertificazione, dal sovraccarico tossico, la lezione de L’Archetipo è semplice e profonda: custodire il suolo è custodire noi stessi. “Un’agricoltura etica, sana ed emancipata dall’industria chimica è possibile. Non possiamo continuare a vedere il suolo come una semplice risorsa economica – conclude Valentino –. Un patrimonio da custodire e proteggere. Senza suolo fertile, non ci sarà futuro”.

È tempo di tornare a un’agricoltura che cura, non che sfrutta. Un’agricoltura che considera la salute umana e ambientale come un unico ecosistema. Un messaggio che parte dalla terra, ma arriva al cuore di chi cerca un modello di vita più consapevole, sostenibile e profondamente umano.

Silvia Cerri

“Il vero lusso di oggi è mangiare cibo vero, non merce”. Con queste parole Francesco Valentino Dibenedetto, sintetizza la sua visione di un’agricoltura che, lontana dai meccanismi industriali e chimici, si fonde con la natura.

Una concezione tradotta nel concreto nella gestione della sua azienda agricola e vinicola, L’Archetipo, una realtà simbolo della transizione verso un tipo di coltivazione consapevole, rigenerativo e profondamente radicato nell’ambiente, dove la terra non è sfruttata, ma rispettata e accompagnata nel suo equilibrio naturale.

L’azienda, situata a Castellaneta, in provincia di Taranto, si estende su 20 ettari, dove si coltivano grani antichi, oliveti, orti, frutteti e viti, da cui nascono vini e spumanti naturali. Una produzione che punta a cibo specie-specifico, nutriente, vivo, sano.

Valentino condivide questa avventura con la moglie Anna Maria e i quattro figli, Carlo Nazareno, Domenico, Andrea e Maria Clelia, tutti coinvolti attivamente nell’impegno quotidiano. Un’unità familiare che lega esperienza e innovazione e che garantisce continuità al progetto. “È un lavoro che cresce con le mani, con il cuore e con la testa”, spiega Valentino. Un disegno di vita fondato su esperienza, etica e visione olistica, un esempio concreto che dimostra come un’agricoltura etica, sana, emancipata dall’industria chimica sia possibile.

Una crisi che diventa rinascita

MMM “La mia è la storia di una persona che viene prima illusa dal sistema, poi comprende il vero funzionamento e l’essenza di madre natura – racconta di sé Valentino -. Figlio di un viticoltore, Carlo, che ha sempre creduto nelle mie capacità, ho seguito un percorso di studi classico in agraria, dalla scuola superiore fino alla laurea. Per quattro anni – spiega – ho applicato nella terra ciò che avevo imparato sui banchi di scuola: fertilizzanti chimici, pesticidi, lavorazioni intensive. Ma ciò che vedevo nei campi erano piante malate, deboli, dipendenti, incapaci di esprimere vitalità. Era come se stessi distruggendo quello che avrei voluto proteggere. È stato un momento di profonda crisi interiore”.

La delusione e il disorientamento dell’impatto con quella realtà si trasformano presto in un percorso di crescita e di consapevolezza. Valentino approfondisce il pensiero di Rudolf Steiner e la biodinamica, e inizia a comprendere il ruolo essenziale della fertilità del suolo e della vita microbica. Si avvicina così all’agricoltura sinergica, ispirata agli insegnamenti di Masanobu Fukuoka, botanico e filosofo giapponese, autore del celebre La rivoluzione del filo di paglia. Un approccio che rifiuta l’aratura, “il più grande errore dell’agricoltura moderna”, i concimi, i pesticidi e ogni tentativo di “conquista” della natura, promuovendo invece una collaborazione attiva con l’ecosistema. MMM

“L’agricoltura sinergica – spiega Valentino – si basa sulle consociazioni vegetali e sulla vitalità del suolo. Le piante si rinforzano reciprocamente, il terreno si rigenera, e noi agricoltori possiamo smettere di essere vittime del sistema industriale. Perché sono contrario all’aratro? L’aratro distrugge le nicchie ecologiche, come un bulldozer distruggerebbe la tua casa mentre ci sei dentro. Io sfalcio, pratico compostaggio di superficie: la biomassa diventa humus, che dovrebbe essere riconosciuto come patrimonio dell’umanità, come ho richiesto, invano, all’UNESCO”.

Nel suo percorso formativo, Valentino ha incontrato un’altra figura fondamentale, l’agronoma Emilia Hazelip, pioniera dell’adattamento dell’agricoltura sinergica al clima mediterraneo. “Emilia sosteneva che l’agricoltura basata sull’auto fertilità del suolo è la salvezza del pianeta. Aveva ragione. I metodi tradizionali lasciano una scia di desertificazione e morte. Noi invece vogliamo generare vita”. Imparando ad aspettare: “La natura è lenta, ha bisogno di tempo per rimettere in moto i suoi meccanismi. Ma quando lo fa, la vita esplode ovunque”.

Agricoltura come esperienza, non come opinione

Tra i riferimenti culturali che Valentino ama citare c’è Platone, il filosofo greco del IV secolo a.C., che distingueva tra “doxa” (opinione) e “episteme” (conoscenza autentica). “Platone diceva che la maggior parte delle persone vive secondo opinioni, ma la vera conoscenza nasce quando si passa dall’opinione all’esperienza diretta e alla riflessione consapevole. È stato questo il mio cammino: ho lasciato la teoria per tornare alla terra e ho capito che ciò che avevo studiato era solo opinione. Lavorando sul campo, in tutti i sensi, osservando la natura e interagendo con essa, ho raggiunto una comprensione autentica. La terra, come l’essere umano, ha bisogno di vita per poter esprimere il suo pieno potenziale. Credo in un’agricoltura ecosostenibile che produce cibo vero, pulito e nutriente, che custodisce il suolo e la vita, e che riconosce l’interconnessione tra tutti gli esseri viventi”.

Il microbiota delle piante

Ed è proprio grazie all’esperienza diretta che Valentino scopre un’altra dimensione dell’agricoltura: quella invisibile ma fondamentale dei microrganismi. “Il suolo è vivo – afferma – e tutti gli esseri viventi hanno significato grazie ai microrganismi: microbiota, plankton, lieviti. Senza di loro, non c’è vita”.

Una visione olistica in linea con i principi dell’igienismo naturale: la salute è equilibrio, e così come un intestino in salute è essenziale per il benessere dell’uomo, per la sua immunità, per la digestione e persino per l’umore, un terreno fertile e ricco di vita microbica è alla base di un’agricoltura sana e sostenibile. Al contrario, alterazioni del microbiota sono collegate a malattie croniche, allergie, disturbi mentali e infiammazioni sistemiche per l’uomo; a coltivazioni sofferenti, di qualità ed energia scarsa, guardando al mondo delle piante. “La vita – sintetizza Valentino -, si regge su reti invisibili di cooperazione microbica, e solo l’esperienza radicata nella natura e nei suoi cicli, può portarci a una conoscenza autentica”.

Seguendo quest’ottica, Valentino ha introdotto in azienda gli EM (Microorganismi Effettivi), una tecnologia ecologica sviluppata dallo scienziato giapponese Teruo Higa. Si tratta di un insieme selezionato di microrganismi benefici – tra cui batteri lattici, lieviti, actinomiceti e fotoautotrofi – in grado di rigenerare il terreno, rafforzare le difese delle piante e migliorare la fertilità della terra e la qualità dei raccolti. “Quello che facciamo è come un trapianto di microbiota – spiega – ma per il suolo. Riportiamo in equilibrio la vita microbica della terra e i risultati sono straordinari: il suolo inizia a respirare, le piante diventano più resistenti alle malattie, il terreno più rigoglioso e il contadino non è più esposto ai veleni dei pesticidi. I benefici sono a 360 gradi, anche per chi lavora la terra. È una rivoluzione silenziosa ma potente”.

Una sinergia di specie microbiche che migliora la salute del suolo, delle piante e, in definitiva, anche degli esseri umani. “Non è un dettaglio da poco – osserva Valentino -: secondo le statistiche, i lavoratori agricoli, per lo più esposti a pesticidi e diserbanti, hanno un’aspettativa di vita inferiore di circa vent’anni rispetto alla media delle persone. Il primo a trarre vantaggio da questa pratica virtuosa è proprio il contadino. Proteggere la terra significa anche proteggere se stessi”.

Contro un’agricoltura tossica, per un futuro fertile

In questo cammino, centrale è il concetto di complessità. Valentino denuncia i sistemi semplici, come le monocolture, che “sono fragili e generano squilibri, mentre i sistemi complessi si autoregolano: ogni elemento compensa l’altro”. E punta il dito contro i danni di un’agricoltura industriale fondata sulla manipolazione genetica. “Nel 1973, con le radiazioni gamma, si sono create varietà di grano mai esistite prima, rispondenti a una maggiore resa produttiva. Il glutine è cambiato nella sua struttura tridimensionale, e il nostro corpo non lo riconosce più: da lì in poi, non a caso, si è registrato il boom di celiachia e infiammazioni”.

Custodire il suolo è custodire noi stessi

In un’epoca segnata dalla crisi climatica, dall’intensificarsi della desertificazione, dal sovraccarico tossico, la lezione de L’Archetipo è semplice e profonda: custodire il suolo è custodire noi stessi. “Un’agricoltura etica, sana ed emancipata dall’industria chimica è possibile. Non possiamo continuare a vedere il suolo come una semplice risorsa economica – conclude Valentino –. Un patrimonio da custodire e proteggere. Senza suolo fertile, non ci sarà futuro”.

E’ tempo di tornare a un’agricoltura che cura, non che sfrutta. Un’agricoltura che considera la salute umana e ambientale come un unico ecosistema. Un messaggio che parte dalla terra, ma arriva al cuore di chi cerca un modello di vita più consapevole, sostenibile e profondamente umano.

Silvia Cerri